Sedati, Intubati e Uccisi

Fonte: TV Romania [1] [2]

La testimonianza di un medico malato il quale stato intubato ed è uscito vivo dall’ATI (Terapia Intensiva). Vi avvertiamo seguono dettagli che possono influenzarvi emotivamente.

Il medico ha raccontato sotto anonimato per i media locali che tutti i pazienti arrivati in terapia intensiva, sebbene soffrissero di insufficienza respiratoria, venivano sedati già dall’arrivo. «Sono stato lì, ho visto e mi ha fatto male, nessuno mi può dire che non è così, che non ci saranno pure altri che entreranno e usciranno morti. A queste persone deve essere fatta giustizia. Solo scoprendo la verità possiamo vendicare questo morti. Magari ad altri non succederà la stessa cosa, da qualche parte bisogna cominciare».

Il medico inizia così la sua testimonianza, anzi racconta terrorizzato come i pazienti siano legati mani e piedi nel momento in cui non riescono più a respirare. «Grazie alla pressione positiva continua nelle vie respiratorie, l’ispirazione e ispirazione dell’uomo non vengono più attivate, non si ha più l’aria, e l’uomo soffoca e si agita. Quando si agita lo calmano con i sedativi. Si sono verificati dei casi quando, presi dalla disperazione di rimanere senza aria, sono diventati talmente agitati da rompersi le cannule. Però, da qui, da sedarli fino alla morte, fino a crocifiggerli come bestiame e a legarli ai letti ce ne vuole».

«Inoltre, vengono tutti messi nella posizione posteriore, posizione che può essere letale per l’insufficienza respiratoria», racconta il medico. «Nessuno dei pazienti intubati è riuscito a uscire vivo dal reparto ATI, le persone muoiono semplicemente soffocate. L’evoluzione covid è questa, la gente sta a casa, va in ospedale quando è abbastanza tardi, con polmonite. Però se arrivi nel reparto Malattie Infettive e loro ti mandano nei reparti ATI è perché dall’oggi al domani è possibile che tu abbia bisogno di un altro tipo di supporto per l’ossigeno. Loro portano una mascherina semplice, trattano casi semplici. Tu non entri in ATI per morire, entri là per poter essere intubato se è il caso, per poter essere trattato diversamente. Però se questi macchinari non sono impostati allora non ricevi nulla, cominci a desaturarti. Ti agiti, ma loro l’aria non te la danno, ti danno i sedativi. Nessuno è più uscito (vivo) da lì. Quando vedo quel sacco nero con la cerniera il battito cardiaco è la pressione mi aumentano improvvisamente. In un mese, tra tutti i malati che sono arrivati là, solo tre ne sono usciti (vivi). Hanno avuto i pazienti che si sono interessati», ha raccontato il medico.

La donna che ha lavorato all’ATI fa accuse estremamente gravi, dice tra l’altro che la preoccupazione principale del personale medico era quella di tenere i pazienti immobilizzati e incoscienti il più possibile. «È molto più facile ammazzare l’uomo, dargli i sedativi, perché allora non ti chiede più né l’acqua, né il cibo, né dice che gli fanno male le ossa, né che ha mal di testa. L’interesse era quello di sedarli, per stare in pace e tranquillità. Si faceva pure la cura antivirale COVID. Sì, giusto, però la prima cosa, il primo obiettivo era la sedazione, si aspettava l’OK del medico per sedarli. Perché? Perché se si è agitata una nonnina, perché aveva fame e sete, la nonnina è agitata, diamogli i sedativi».

La donna ha fatto l’esempio di certi pazienti legati al letto, che avrebbero ricevuto che avrebbero ricevuto dosi più alte di sedativi. «Quando sembrava che stessero, per svegliarsi, le dosi aumentavano», dice lei, «e nessuno avrebbe verificato se i pazienti avrebbero potuto respirare da soli. In poco tempo le persone morivano».

L’ex-dipendente sostiene pure che certi pazienti si sono infettati in ospedale con Clostridium e Streptococco. I familiari non avrebbero ricevuto informazioni a riguardo, perché nessuno avrebbe risposto al telefono per i parenti. «Mi è capitato di essere lì in certi orari, quando avrebbero dovuto chiamare i parenti, e nessuno era lì, si passavano il telefono dall’uno all’altro. “Non vi possiamo dire”. “Io sono il registratore”. “Il medico non c’è”. Ma il medico non c’era mai».

La direzione ATI ha reagito a queste accuse con un comunicato stampa, precisando che «Legare i pazienti al letto si fa in tutte le terapie intensive, perché i pazienti agitati potrebbero farsi male da soli», dice il medico Mihai Sava, direttore dell’ATI di Sibiu. «La sedazione si fa con un dosaggio estremamente moderato, e allo scopo di ridurre l’ansia ai malati», sostiene lui, e il dosaggio più alto sarebbe stato applicato ai pazienti intubati per facilitargli la ventilazione meccanica. Sempre il capo dell’ATI ha spiegato che là lavorano permanentemente 4 medici, e durante il turno di mattina i medici vanno due volte nelle ‘Zone Rosse’. Durante il turno, comunque, gli infermieri possono chiamare il medico in qualunque momento, o gli possono mandare foto con i valori indicati sui monitor.

«Le accuse che la morte di alcuni pazienti siano state causate da carenze terapeutiche devono essere dimostrate da prove e analisi da parte di persone che comprendono procedure mediche specialistiche, e non attraverso le denunce anonime». La testimonianza della donna ha scatenato un’ondata di reazioni. La direzione dell’ospedale ha annunciato un’investigazione riguardo l’attività dell’ATI COVID, e il Ministro della Salute, Vlad Voiculescu ha dichiarato che manderà a Sibiu l’organo di Controllo del Ministero e Ispezione Sanitaria Statale. «È Scioccante, cercheremo di vedere quello che è successo in realtà lì, le cose vanno verificate. In più, anche la Magistratura è intervenuta, dovrà essere svolta un’indagine sul reato di omicidio. Le indagini sono in corso in questo momento».

Dall’inizio della pandemia all’ATI di Sibiu sono stati ricoverati 570 pazienti, di cui 397 sono morti, 152 sono usciti (vivi) e 21 sono ancora lì per ricevere supporto respiratorio.